Crociera Allure of The Seas 16 luglio – 23 luglio 2017
Sono tornata da pochi giorni, eliminato l’effetto volo + crociera, posso dire di aver smesso di ondeggiare…
Partiamo dall’inizio, dal regalo estremamente inaspettato da parte di mio marito, per l’anniversario di otto anni di matrimonio.
Mi ritrovo al sei giugno, attaccato, sulla porta dello spogliatoio della taverna, un foglio, al momento ho pensato, ”ecco ho preso la prima multa della storia”, mi avvicino, strizzo gli occhi per vedere bene e trovo il regalo più inaspettato che si possa avere, una settimana di vacanza ai Caraibi e, mica parliamo di una settimana qualsiasi, una crociera di sette giorni su una delle navi più grandi al mondo, l’Allure of The Seas della Royal Caribbean Cruises.
Avevo visto questa regina dei mari, sulle foto dei miei contatti Facebook, sul programma su di Discovery Channel, grandi navi da crociere, avevo avuto un assaggio della compagnia in visita nave l’anno scorso, sulla sorella gemella più recente e più grande, l’Harmony of the Seas. Così cominci a contare i giorni, arrivando a sbarrare le caselle sul calendario come quando andavi a scuola e arrivava l’ultimo mese, i numeri sbarrati, il conto alla rovescia. Cominci a guardare i gruppi su facebook, i forum di crociere, il sito di Royal, vai a rileggerti l’esperienza del tuo amico per immaginarti a bordo, chiedendoti, cosa fare appena salgo?
Il mese scorre, intanto tu, con la mente sei già a bordo, può caderti il mondo addosso, che tu vivi in quello stato di pace interiore come se fossi in un bel giardino zen.
Ad un certo punto ti accorgi che manca una settimana, non hai ancora preparato la valigia. Poi la settimana diventano giorni e la valigia giace ancora nello sgabuzzino, ancora non sai cosa mettere dentro e cosa no, all’ultimo giorno decidi.
Con questa crociera abbiamo organizzato, o meglio il marito ha organizzato, tutto nei minimi dettagli, si parte il giorno prima, volo diretto Malpensa Miami, con American Airlines, al momento per me, la compagnia migliore con cui ho viaggiato.
Per me volare ha sempre quello stato di angoscia e paura che mi accompagna, però devo dire che con questa compagnia, con i sedili che, anche in economy, riescono ad essere comodi e spaziosi, si sta bene, non fosse per le dieci ore di volo, sarebbe perfetto, il tempo comunque passa, che lo si voglia o no, passa.
All’atterraggio a Miami, non riuscendo a prendere il transfer di Royal, il marito organizza un transfer dall’aeroporto all’hotel. Ci ritroviamo con una suburban nera, tipo quella di CSI MIAMI, mi aspettavo che scendesse Horatio Cane, invece un auto comodissima che ci porta al nostro albergo.
A Miami, Royal ha previsto, incluso nel pacchetto, il pernotto in un albergo convenzionato. La meraviglia parte da questo albergo, un lussuosissimo hotel 5 stelle situato nella Downtown di Miami, sul fiume. Una camera super accessoriata, talmente bella da lasciare a bocca aperta, soprattutto quando spostate le tende, ti accorgi che c’è un balcone, che sei al ventisettesimo piano e che tutto in basso ha la grandezza di una formica e la tua testa gira per le vertigini.
All’esterno dell’hotel c’è un gran via vai di macchine, alcune normalissime auto, come Toyota o Range Rover, cose che si vedono anche in Italia, altre, sono auto che forse vediamo nei sogni, Jaguar, Tesla, Ferrari e una MC Laren, parcheggiata e recintata, eh beh che dire, la voglio!
Andiamo a cena in uno dei ristoranti dell’albergo, la cena è buona, il servizio ottimo, il mio Octopussy alla griglia è finito subito, quasi non me ne sono accorta. Scegliamo di mangiare all’esterno, sulla terrazza del ristorante, per goderci la città, il tramonto tra i grattacieli e sul canale che sfocia nel mare, poco distante. Sotto di noi scorre uno di questi canali, dove si vedono passare barche di tutti i tipi, dalle piccole pilotine a Yacht di ricchi, a barche a vela. Il canale è diviso da un ponte, che è una strada a cinque corsie per senso di marcia, collega la Downtown di Miami al centro. Durante la cena il ponte si apre, per noi è uno spettacolo vedere l’imbarcazione che passa, per gli altri, invece una cosa normale.
Dopo cena, usciamo dall’albergo e ci mettiamo a passeggiare lungo la via che costeggia il canale accanto all’hotel, fino al lungo mare, un percorso interamente pedonale, moderno e pulito, tra questi grattacieli enormi e yacht ancorati, si sente la calma del sabato sera a Miami, fatto di relax e caldo. Miami è una città che cattura, ricchezza e lusso, ma anche benessere e tranquillità. Nonostante sia una delle città sempre sveglie, si respira quello stato di week-end estivo. La passeggiata termina, almeno per noi, in uno slargo con una piccola spiaggia. Ritorniamo al nostro hotel passando davanti ad un grattacielo in costruzione e al residence Aston Martin. C’è un auto parcheggiata all’esterno, sotto un telo, cerco di avvicinarmi per vederla meglio, poi ci ripenso e continuo dritta fino all’albergo.
Una nottata passata tra l’eccitazione per l’imbarco del giorno dopo, la spossatezza del volo e del fuso orario dove neanche la melatonina ti aiuta, perché alle 4.30 del mattino hai fame.
Fissiamo la colazione alle 7.00 del mattino, con la consegna in camera. Più che una colazione arriva un pranzo con quattro portate, caffè, latte, pancake, frutta fresca, succhi d’arance, Frech Toast, toast, burro, di tutto. Quello che ci vuole vista la lunga giornata che ci attende.Seduti comodamente sul nostro balcone, guardiamo la città e il tempo, ha da poco piovuto, ma la pioggia si è asciugata e il sole è di nuovo prepotente, fa caldo e c’è una forte umidità.
Il giorno dell’imbarco, il transfer Royal arriva puntualissimo alle 9.30, la partenza dall’albergo è prevista per le dieci del mattino, con un leggero ritardo per attendere due dispersi, alle 10.15, siamo sulla strada che da Miami porta a Fort Lauderdale, porto di imbarco di Royal.
Eravamo su un pullmino per otto persone, con annesso carrello coperto per le valigie, percorriamo la strada principale, la I95, che in 40 minuti collega Miami a Fort Lauderdale. Ricomincia a piovere, ma sono poche gocce che arrivano sul parabrezza, il viaggio è comunque piacevole, il nostro autista un simpatico energumeno di colore, ci racconta un po’ il tipo di strada che stiamo attraversando, le sue parole non mi arrivano più di tanto, sono intenta a capire dove stiamo andando e a quando vedrò Sua Maestà la Nave.
Eccola, la vedo, entriamo in porto ed è enorme, maestosa, bella. La sua vista spegne tutte le chiacchiere, l’eccitazione è alle stelle, quasi mi lancio dal pullmino per salire direttamente a bordo, sono trattenuta però da due cose, la prima: la cintura di sicurezza, la seconda: il marito.
Eccoci, ci siamo. L’ansia e l’eccitazione sono alle stelle, hai in faccia il sorriso più idiota che ci sia, ma ci sta bene, ti guardi intorno come un bambino a Disneyworld e non sai da che parte andare.
Cominci a notare subito l’organizzazione di una delle compagnie di navigazione e crociere più antica, nonostante siano molto rilassati, sono precisissimi in tutte le pratiche, in un attimo sei all’interno del porto, in un attimo sei al desk per fare la tesserina che ti porterà a bordo, in un attimo ti rendi conto che hai da seguire le indicazioni del personale della compagnia, che sono davvero a prova di idiota, c’è da dire che con già l’esperienza di cinque crociere, il marito ha predisposto anche il check in on line, per cui oltre alla rapida efficienza americana, aggiungiamo anche l’efficienza di quel sant’uomo del marito.
All’interno dell’area pre-imbarco, vieni fatto accomodare sulle classiche poltroncine di una sala d’attesa, ti aspetti, che ci siano stand dove comprare cose, dove trovare assaggi, dove ti viene servito da bere, forse abituata con l’altra compagnia, questa cosa ti lascia un po’ perplesso, ma hai comunque uno spettacolo differente da vedere, gli americani… Ma avrò poi modo di rendermi conto di un modo diverso ed efficace per vendere… Business Business Business all’americana…!!!
Già gli americani, con i classici beveroni in mano, tutti in gruppo, le famiglie che viaggiano con magliette tutte uguali, i gruppi di studenti, modelle e modelli della Disney messicani che poi a bordo ci siamo ritrovati praticamente ovunque. Uno spettacolo multicolore e multi etnico, poco meno di mezz’ora di attesa, cominci a vedere che la popolazione ondeggia verso le porte dell’imbarco, ti accodi, schivando chi fa foto di gruppo, chi litiga con il bastone da selfie, chi invece si fa un selfie, svincoli con il sorriso idiota e il “Sorry!” che diventerà una sorta di regola.
Siamo lì alle porte della nave, quando a me cade tutto, la borsa, lo zaino e la tesserina. Raccolgo tutto davanti alla signora del desk e mi trovo una bella donna americana che la prima cosa che mi dice è “What a Wonderful Eyes!” (Che Occhi Bellissimi!) ecco, io mi sciolgo, sono in brodo di giuggiole, sorriso da ebete fissato manco ‘na paresi e ringrazio.
Ed ecco che le porte si aprono, mi sento come Dante quando arriva alle porte del paradiso, tra l’immenso stupore e l’intontimento, tra sorrisi e gentilezze, cominciamo a girovagare nella Promenade allestita a festa.
La Promenade, la parte centrale della nave. Le nuove navi Royal, sono fatte in modo diverso, come se fossero scavate all’interno creando una sorta di via dello shopping e dei bar, una classica promenade alla francese o all’americana. Fatta con bar in centro, negozi con i loro espositori.
Gli stand dei negozi ti guardano ammiccanti, tra la vendita di oggetti vari, decidiamo di aspettare che la nave parta prima di affondare le mani in tutta quella merce, cosa che la prossima volta faccio la valigia a metà, acquistiamo solo i porta tessera e le sigarette, che sconsiglio di acquistare a bordo ma di provvedere a Miami o al primo porto di imbarco, se non addirittura in Italia prima di partire. Praticamente una stecca costa come a Milano, per cui non ne vale tanto la pena.
Giriamo e rigiriamo, finché non decidiamo di andare al Boardwalk, situato al ponte sei, sulla parte posteriore della nave è come se fosse la classica strada del lungo mare, con luna park per i bimbi, fast food e bar, qui c’è anche l’acqua Theater dove si svolgono molti spettacoli, per mangiare il tipico hamburger americano. Il Johnny Rocket’s, il “Diner” che negli anni cinquanta ha portato la cultura dei Ristoranti “on the way” e dei fast food nel sud degli Stati Uniti. Se siete come me, che non vi siete persi una puntata di Happy Days, non potrete non riconoscere i divanetti tipici dell’Arnold’s Diner.
Il pub ha appena aperto, veniamo accolti da urla di gioia fatte dal personale, che ci salutano tutti in coro, i primi clienti della giornata, mi scappa una risata e un inchino, un ringraziamento con tanto di sorriso ebete sulla faccia, la musica in sottofondo è una raccolta di favolosi anni ’70 e ’80, ed io mi dico che sono a casa.
La simpatica ragazza di colore che ci serve, ci racconta un po’ la storia, la fermo subito, sono cresciuta a pane e Happy Days, ho sognato questo posto per tutta la vita, visto nei film americani e nelle serie tv. Ci chiede da dove veniamo, rispondiamo Italia e ed ecco l’ennesimo urlo di giubilo, “Italiani? Oh io amo Italia, la miglior pizza, la gente più bella.” Ulteriore urlo di giubilo quando le dico che sono napoletana, “Oh Napoli, io amo Napoli, ci voglio tornare.”
Finiamo di mangiare sulle note di Cherisch dei Kool and the Gang, cantandola in coro con loro, ridendo e scherzando. Le premesse su questa nave, sono fantastiche, sono l’insieme dei miei sogni e delle mie speranze.
Il panino è il doppio di me, ma ha un sapore che nessun Mc Donald, RoadHouse o Old Wild West, possono eguagliare.
Le onions fritte, sono meravigliose, diciamo che non c’è da stupirsi se gli americani portano una 3xl come taglia.
Decidiamo di fare un giro a vedere se la nostra cabina è pronta, se magari sono arrivate le valigie. Per cui prendiamo uno dei ventiquattro ascensori e saliamo dal ponte sei al ponte quattordici.
La cabina…….senza parole. Il marito ha pensato a tutto, pacchetto anniversario, con festoni, stampa sulla porta, porta foto pendenti, salvietta da letto sul letto e federe in coordinato, tutto con la scritta “I love You, always” resto imbambolata, non so dove guardare, rido, piango, salto di gioia, mi accorgo appena che il cabinista sta ancora lavorando e ci chiede, con sorriso dolce, di uscire e lasciarlo finire. Lo ringrazio e felice esco, pronta a farmi il giro della nave.
Ritorniamo alla Promenade per un caffè, e veniamo afferrati da una bellissima ragazza del Vitality at the sea, il centro benessere, mi ero ripromessa che un salto in palestra lo avrei fatto, giuro, avevo tutte le intenzioni del mondo, ma le intenzioni non sempre bastano.
Ci accordiamo per un massaggio con le pietre calde, subito dopo l’esercitazione.
L’esercitazione è obbligatoria, ti passano la tesserina con il lettore e si assicurano che tutti i membri della cabina siano presenti. Il punto di raccolta è all’Amber Theater, il teatro principale, dove prima dell’esercitazione il team dell’animazione si presenta e intrattiene, poi mandano i video. Il primo è quello dell’igiene, lavare le mani spesso con il sapone e insaponarle per venti secondi, risciacquare con acqua calda, fare la doccia prima di accedere alla piscina, usare i dispenser di sapone igienico prima di entrare nei bar o nei ristoranti, risultato, ho le mani che se accarezzano qualcuno di sicuro non gli lasciano germi, ma gli graffiano la faccia. Sono allergica ai saponi a secco, quelli dei dispenser, mi provocano un’eczema sulle mani che non va via facilmente. Il secondo video, un filmato di pochi minuti, fatto tra lo stile 007 e lo stile Mission Impossible, presenta tutti i divieti e i motivi per tali divieti, racconta anche come e cosa fare in caso di emergenza. In cabina abbiamo notato che non erano presenti i giubbotti di salvataggio, ci hanno spiegato dove potevamo trovarli e di chiederli, in caso di emergenza, al personale. I video erano simpatici e divertenti, al termine, alcuni membri dello staff, hanno chiamato alcuni passeggeri che non risultavano presenti all’esercitazione, poi ci hanno dato il segnale di fine esercitazione. Il tutto dura poco più di mezz’ora, quando danno il “liberi tutti”, c’è ovviamente l’assembramento agli ascensori, cosa estremamente normale, per cui decidiamo, io vado al casinò a fumare, mio marito sale a piedi al quattordicesimo piano per vedere se la sua valigia sia arrivata a destinazione.
Già perché in tutto questo la mia valigia è arrivata al piano cabina, quella di mio marito risulta dispersa. Cominciamo a immaginare le scene più esilaranti, la valigia che scappa per tutta la nave, lui che la rincorre, lei che sale nell’ascensore a vetri e noi che scendiamo dall’altra parte, valigia anarcoinsurrezionalista, che chiede asilo politico negli USA… La valigia ritratta in una fotografia di “Missed Person” sui cartoni del latte insieme alla foto del cabinista aggiunta da mio marito in caso non trovi la valigia come promesso… La suddetta valigia, era stata fatta imbarcare, ma poi fermata nell’area security per maggiori controlli, infatti troviamo il bigliettino nella serratura della porta. Il marito va al guest e cerca di capire cosa è successo. Lo portano subito nell’area della security, dove riconosciuta la valigia, gli chiedono di aprirla, indicano subito la borsa porta carica batteria, dove alloggia il carica batteria dello spazzolino elettrico, era quello che aveva causato il fermo della valigia.
Gli ascensori di Allure, sono tutti bellissimi, sono 24, dodici a poppa e 12 a prua. Non abbiamo mai aspettato un ascensore per più di qualche secondo ed anche quando erano pieni, c’era sempre posto.
Quelli a vetro, poi sono una cosa scenografica e artistica, con decorazioni fuori, con vista sulla Promenade e su Central Park.
In un momento di tranquillità, ci siamo messi a vedere bene la cabina. Rispetto a quelle delle crociere precedenti, era un po’ più stretta in lunghezza, ma onestamente meglio congeniata, l’armadio scorrevole, i cassetti posti sotto al mobile tv, lo schermo piatto a grandezza 36”, il balcone più profondo, con un tavolo, dove la mattina si faceva colazione e ci stava tutto, soprattutto non era un tavolino striminzito, ma un tavolo rotondo da due.
Il bagno della cabina, con la doccia con la cabina a vetro e non la tendina degli anni ottanta, che mentre ti lavi ti si incolla addosso, ma soprattutto un bastone ad altezza stinco, dove poter poggiare i piedi per lavarti bene o depilarti. Il mobile del bagno con scomparti e cassetti, lo specchio enorme soprattutto la presa 220v.
Insomma, salvo alcuni problemi di incompatibilità iniziale con il letto, la cabina ci piace molto.
La prima sera andiamo a cena al ristorante “il Grande” al ponte quattro, ristorante estremamente elegante, con poltrone molto comode per mangiare, poltrone come quelle, io le ho viste solo in casa di mia zia, erano quelle enormi che le nonne avevano ai piedi del letto, o nei salotti. Pesantissime da spostare, ma estremamente belle. Al ristorante non si mangia male, ovvio che bisogna leggere bene il menù, la carne e il pesce, sono la parte migliore del menù, su quello gli americani non li batte nessuno e nemmeno sui dolci. Il nostro cameriere, Martin, simpatico e gentile, ci coccola, appena sente che siamo italiani, ci parla in italiano. Siamo stati trattati meravigliosamente, unica pecca, aver accettato la visita alle cucine con un brunch, costo della visita trenta dollari a persona.
Non mi ha entusiasmato, soprattutto perché le cucine me le aspettavo tenute meglio, più pulite, invece sembravano sporche dalla cena della sera prima. Il servizio al brunch, fatto al ristorante del terzo ponte, un vero disastro. Il cameriere a noi assegnato commette una serie di errori, talmente assurdi, che mi sono arrabbiata come una faina.
Diciamo che parte con il farci accomodare al tavolo di una famiglia che aveva già iniziato il pranzo, ogni volta che sto per ordinare, mi volta la schiena e se ne va, mi passa con il braccio davanti quattro volte per servire le pietanze agli altri commensali, dopo di che, ciliegina sulla torta, mi mette tutti i piatti accanto, costringendomi a mangiare in uno spazio esiguo. Trenta dollari a persona, che gli sto ancora maledicendo, sul servizio, non ci siamo proprio.
In tutto questo la crociera prevede tre giornate a terra, tre di navigazione.
La prima tappa è Nassau, Bahamas. C’eravamo già stati con l’altra crociera tre anni prima, mi era rimasta in gola la visita all’Hard Rock Cafè, per prendere la maglietta. Così abbiamo deciso di scendere in autonomia, farci un giro per il centro, ricco di negozi, magari andare alla spiaggia che avevamo visto dalla nave e da google maps, ma avevamo dimenticato a bordo i teli mare e poi abbiamo scoperto che la spiaggia distava almeno tre chilometri, sotto il sole cocente non era propriamente una mossa saggia, abbiamo scoperto a bordo che con venti dollari a testa, potevamo accedere alla spiaggia dell’hotel. Comunque il giro per Nassau ci ha portato a vedere un centro città ricco e molto bello, con tanti negozi pieni di tutto, ritorno al concetto che la prossima vacanza la faccio con la valigia a mezzo carico.
Comunque, la nave attracca praticamente in centro, usciti dal porto la città si apre e si può andare ovunque, ci sono anche taxi che ti portano ovunque, ovviamente non ci abbiamo pensato, non abbiamo neanche voluto rischiare, visto che avevamo il “tutti a bordo” alle due del pomeriggio. Consiglio che danno a bordo, oltre a portarsi la card è quella di portarsi anche il passaporto, che può essere richiesto all’entrata in porto dagli addetti alla sicurezza.
Due regole fondamentali, negli Stati Uniti, non è proibito fumare, ci sono, anche all’esterno, luoghi dove lo si può fare, ma attenzione a buttare il mozzicone per terra, sono quattrocento dollari di multa da pagare subito, soprattutto non viene neanche la voglia di farlo, perché quando si vedono strade pulite, è un peccato essere quella che le sporca, nel mio caso, poi, ci si sentirebbe in colpa.
Rientrati sulla nave, decidiamo di goderci il buffet, di goderci il solarium per adulti e la nave che lascia Nassau, godendoci un po’ anche la piscina, che non è presa d’assalto, molti sono ancora in escursione.
Al buffet non esistono code. Fatto a isole, puoi mangiare quello che ti va, i camerieri passano con i vassoi a servire acqua, limonata e altre bevande. Non abbiamo fatto coda neanche a cercare un tavolo. Trovato sempre posto per sederci nel giro di pochi minuti. Tavoli e area buffet, puliti e ordinati.
Avendo fatto una giornata su Harmony, mi aspettavo che il buffet di Allure fosse simile, invece era solo più piccolo, ma comunque molto ben organizzato.
I buffet, in teoria sono due, quello centrale il Windjammer Ponte 16 e quello dell’area solarium per adulti, al ponte 15 ma a prua della “bestiaccia” come aveva preso modo di definirla mio marito, più piccolo, ma molto carino, soprattutto molto comodo, meno ressa, stessa qualità del cibo, riservato solo agli adulti. Questo piccolo buffet, la sera diventa ristorante a “quota aggiuntiva forfettaria”, Samba grill, specializzato nella carne alla brasiliana. Questo ristorante non è incluso nel costo della crociera, ma è a pagamento, circa quaranta dollari a persona. Del buffet del giorno, restano solo i contorni e i dolci, per la carne c’è il cameriere che passa con uno spiedo e ti serve i vari tipi di carne, tagliandoli direttamente nel tuo piatto. Sul tavolo viene posta una fiche, fatta di due colori, il rosso e il verde, servono al cameriere che, girando con lo spiedo, vede se sei disponibile a ricevere la carne o se sei già pieno con un maialino.
Utilizzo questo passaggio per spiegare i criteri di gestione dei ristoranti a bordo, esistono tre tipologie di ristorante:
- Tutto incluso: ossia tutto quello che vedi è parte del pacchetto che hai già pagato ed hai libera azione nell’ammazzarti riempiendoti come un tacchino alla festa del ringraziamento;
- Quota aggiuntiva: Un fee economico compreso tra 7 e 30 $ a persona che ti permette l’accesso ad un ristorante di livello superiore per cibo ed ambiente ma con lo stesso criterio del precedente
- A la Càrte: Sono ristoranti extra-lusso che applicano un Menù che, pur essendo sostenibile, sono comunque gestiti secondo il criterio più tradizionale del “Paghi quello che Magni!!!”
Tornando al servizio del Samba Grill: Sono circa otto giri, forse anche di più, noi ci siamo fermati al quarto, pieni come dei maialini, abbiamo dovuto lasciare a metà, onde evitare il rotolamento fino alla cabina, al piano sottostante.
La partenza da Nassau, porta la prima ed unica serata di gala. Confesso che non l’ho notato sul Daily, era talmente scritto in piccolo che per vederlo dovevo munirmi o di lente di ingrandimento o di vista a dodici decimi, per cui mi sono presentata vestita in modo casual. Sulle precedenti crociere, la serata di gala era quasi un obbligo, scritto talmente in grande, da riempire tutta la pagina, vista come un obbligo e non come un’informazione. Su Allure, tutto era preso in modo molto più semplice. Gli americani nella loro genialità, sono rimasti vestiti da gala il tempo di fare la foto con il comandante, poi sono tornati in cabina a cambiarsi e mettersi in libertà. Al ristorante nonostante fosse serata di gala, nessuno ci ha guardato con aria di sufficienza, l’unica richiesta è di non presentarsi con infradito o ciabattine, con pantaloncini corti e canottiere o con jeans strappati. Regola su cui hanno parecchie volte sorvolato ma che noi abbiamo sempre onorato.
Quella sera ero totalmente presa da tutt’altro, allo Schooner’s Bar al ponte sei, facevano la sfida dei brani degli anni ottanta, dovevi indovinare la canzone dopo pochi secondi dall’inizio e scriverla su un foglio, ne ho sbagliate sei su quindici, perdendo contro un centinaio di americani, ma considerate che io sono italiana, per quanto abbia una buona conoscenza della musica, soprattutto quella degli anni ottanta, non potevo competere con gente che è cresciuta con quelle canzoni più di me. Per cui, pur battendomi con onore, ho perso.
Da quella sera, però, per le successive serate, lo Schooner bar, diventa la nostra meta, sia per i cocktail, Spiced Daiquiri e Lavander Daiquiri, sia per il simpatico pianista che riprende, anche su richiesta, i brani più belli della storia della musica internazionale. Ho chiesto in tutta la crociera tre canzoni, Hey Jude, Always on my mind e una a sua scelta di Jerry Lee Lewis. Commuovendomi come una bambina quando ha cantato Always on my mind. Questo bar è un’icona della Royal, presente su tutte le navi, è il bar che sia per arredamento, tipico stile marinaro, sia per qualità, è il più bello. Posto al ponte sei, si affaccia sulla caotica promenade e sul negozio di fotografia proprio di fronte. Poltrone in pelle, divani, bancone in legno e baristi alla mano, eleganza sobria ma che ti resta dentro. In quelle serate allo Schooner, dove spesso il marito mi abbandonava per tornarsene in cabina a dormire, ho stretto amicizia con un gruppo di americani, con cui spesso condividevamo serate, cocktail e cantando tutti insieme.
Se pensi di salire su una nave del genere con un programma e l’intenzione di fare tutte le cose che si possono fare o provare tutte le attrattive di bordo, rassegnati, non ci riuscirai mai. Una settimana comunque non ti basta.
Gli spettacoli. Non siamo riusciti a vedere Mamma Mia e nemmeno la cover band degli Eagles, salvo per un breve spezzone alla fine, davvero bravi. Abbiamo visto Oceanaria e Blu Planet, spettacolo davvero straordinario, con acrobazie e coreografie straordinarie. Viene richiesto, sia per questioni di copyright, sia per questioni di fastidio di non fare video o foto, soprattutto vietate con il flash. Ho scattato qualche foto, prima che iniziasse lo spettacolo per averne un ricordo, poi anche volendo fare il video, ero presa totalmente dallo spettacolo, bello da togliere il fiato.
Let you entertain me, Spettacolo libero con i personaggi di Madagascar e gli acrobati di Oceanaria, divertente, coinvolgente, sia per le famiglie con bambini, sia per gli adulti che tornano bambini. Sto ancora ballando I like your move.
Molti spettacoli su Allure, vanno prenotati, per riservare il posto, non sono a pagamento, ma vanno prenotati per tempo per avere il posto a sedere, altrimenti bisogna presentarsi un quarto d’ora prima e sperare che ci sia posto a sufficienza per entrare.
Siamo andati anche allo studio B, pista di pattinaggio sul ghiaccio, siamo riusciti a vedere un pezzo di spettacolo con il monopoly, il momento in cui siamo entrati, stavano cantando funiculì, funiculà, era bello e i ballerini erano davvero bravissimi, la sala era piena, purtroppo siamo andati via perché non avendo prenotato, non avevamo un posto a sedere, soprattutto l’aria era gelida.
La serata più bella in assoluto è stata il revival anni settanta, alla Promenade, un vero spettacolo, organizzato dall’animazione, che ha fatto ballare e divertire seimila passeggeri. In mezzo alla calca, di gente, era impossibile non ballare, ballavano tutti, la serata più bella e divertente che ci sia mai potuta essere, nulla a che vedere con quello che fanno a bordo delle altre navi. Mi sono ritrovata a fare il trenino, a ballare con una signora americana di colore, simpaticissima, insieme al marito che, essendo alto più di due metri, cercava un modo per porsi sulle retro vie e non oscurare la vista agli altri.
I ragazzi dell’animazione hanno dato davvero il meglio, ballando come i California Dream Man con le divise delle principali professioni lavorative (poliziotto, cantierista, marinaio…), mezzi nudi, posso garantire che erano dei gran pezzi di ragazzi, alla fine della serata, molte donne, tra cui anche la sottoscritta, hanno avuto la foto in braccio a sti figlioli… e tanti altri sogni che possiamo immaginare ma nulla più
Una cosa ammirevole di questa nave, ma soprattutto di questa compagnia è l’organizzazione, sia per quanto riguarda le soste a terra, sia per quello che riguarda le escursioni e anche i servizi forniti ai passeggeri.
Sant Thomas USVI, isola dei caraibi bellissima, prendiamo l’escursione alla spiaggia. L’autista del bus, ci porta in una delle spiagge più belle, dove ci lasciano in completo relax, per un paio d’ore, per poi portarci a fare un giro alla torre e al villaggio dello storico pirata, Barbanera.
Questa è stata la miglior escursione fatta con loro. Ti portano in spiaggia con un bus-taxi che, a definire pittoresco è poco! contenente massimo sedici persone, poi al villaggio di Barbanera, da lì in avanti sei in completa autonomia, seguendo la strada arrivi al centro città dove con quattro dollari a persona, prendi un taxi fino all’ingresso del porto, puoi visitare anche la torre, prendere qualcosa al bar. Il villaggio è stato mantenuto nella forma originale, si possono vedere anche le capanne degli schiavi, le camere ricreate nello stile degli anni della pirateria, tutto in discesa, un giro all’emporio, dove puoi assaggiare i rum più buoni e comprare souvenir… ma ripeto… soprattutto assaggiare Rhum… la mia passione e principale motivo di innamoramento dei Caraibi
Consiglio spassionato, se scendete in escursione, portatevi cappellini, occhiali da sole, acqua e una borsa o uno zaino a testa, i teli mare che danno a bordo, dopo un po’ sono ingombranti e pesanti, soprattutto non vanno persi, altrimenti vi addebitano venti dollari.
Il giorno dopo scendiamo a St. Kitts, Bassetterre, isola caraibica famosa per le piantagioni di zucchero di canna e per le scimmiette.
L’escursione che prendiamo, convinti che sia una cosa bella, è una visita ad una piantagione e poi spiaggia.
Partendo dal presupposto che mi aspettavo qualcosa di più da quest’escursione, resto molto delusa, perché a parte un giro in una piantagione ormai non più produttiva, ciò che si vede è solo un bel giardino privato, ben tenuto.
Il proprietario, un reduce della marina britannica, che ha conosciuto sua moglie lì, è un uomo che vive solo, che fa visitare la sua casa e le sue collezioni ad escursionisti. Rimasto vedovo e solo, a parte questa piccola attività non ha altro, per cui perdiamo due ore di tempo, sotto un caldo disumano, con un’umidità da pazzi a vedere la casa di quest’uomo che passa anche parecchio tempo a bere. Due ore che sarebbero state spese meglio a poter vedere la spiaggia, dove ci viene concessa solo un’ora. Tornati a bordo faccio presente la cosa all’ufficio escursioni, ovviamente non ci viene rimborsata, ma vedo che prendono atto di segnalarlo. Fatemi sapere se esisterà ancora l’escursione alla piantagione e alla spiaggia, nel caso, state alla larga, prendetevi solo la spiaggia.
Tra la piantagione e la spiaggia, passiamo in uno dei punti più panoramici di St. kitts, dove troviamo anche ragazzi con queste scimmiette bellissime, 5 dollari per una foto con queste bestiole con tanto di pannolino, che ti si arrampicano addosso, ne volevo una da portarmi a casa, stupende.
La spiaggia, eccola, la tipica spiaggia dei Caraibi, se tutti vi aspettate sabbia bianca e mare cristallino, non è così, il mare è ancora più cristallino di una piscina, ma la sabbia è nera, tipica sabbia vulcanica, d’altro canto maggior parte delle isole caraibiche sono di origine vulcanica.
Con questa escursione terminano le soste a terra, ci aspettano ben due giorni di navigazione, con tutte le attrattive di bordo, tutti gli spettacoli e le cose da provare.
Il primo giorno di navigazione lo passiamo a capire cosa fare, c’è così tanto da fare che restiamo imbambolati a non capire bene come muoverci.
Per cui ci appollaiamo sulle sdraio al solarium e ci godiamo una giornata tra sole e piscina. Un giro alla Promenade nel pomeriggio. Sul programma del giorno leggiamo la possibilità di spedire direttamente i bagagli dalla nave e ritirarli a Milano.
Andiamo al servizio clienti a chiedere informazioni, praticamente, con 55$ la compagnia ritira il tuo bagaglio la sera prima dello sbarco e te lo fa trovare all’aeroporto di destinazione, nel nostro caso Milano Malpensa, questo servizio viene fatto solo con compagnie aeree con cui la Royal ha stretto collaborazioni, tutte quelle di linea americane e British Airways. Arriva l’ultimo giorno di navigazione e di crociera, sono decisa, voglio provare il flow rider e la Zip line. Non sono a pagamento, ma sono comunque su prenotazione, c’è una fila di quasi due ore da rispettare, i furbetti delle code negli USA, non vengono apprezzati. In coda con altri crocieristi, accanto a me una ragazza, cominciamo a fare apprezzamenti sugli istruttori del Flow Rider, simulatore di Surf. Ce ne erano due, uno biondino, posto dalla parte opposta alla nostra e quello dal nostro lato, un ragazzo moro. Sulla pista si sono alternati ragazzi bravissimi, adulti bravissimi, bambini ancora più bravi e schiappe cosmiche come la sottoscritta che è durata per due volte, poco più di dieci secondi… di cui 7 tenuta dall’istruttore. Ma anche se sono caduta subito, l’importante era divertirsi, regola fondamentale a bordo di queste navi. A mia discolpa va detto che avevo in corpo una pina colada e due ore di coda sotto il sole…. Il flow mi ha messo ko, per cui ho rinunciato alla ZipLine. Prossima crociera.
Con il servizio di ritiro bagagli, molto comodo, perché, sbarcando alle otto del mattino e avendo l’aereo di rientro alle 17.30 da Miami, abbiamo potuto organizzare un’escursione con la compagnia, che prevedeva un giro per Fort Lauderdale, con sosta ad una Italian Bakery, giro in battello sui canali della “Venezia” della Florida, con passaggio tra yacht e case di lusso, tra cui anche quella di Jhonny Depp.
Una cosa molto bella è stata salire sul pullman dell’escursione e sentir chiedere ai partecipanti se vi fosse qualcuno che serviva o aveva prestato servizio nelle forze armate americane. Un signore che probabilmente era un reduce di qualche guerra, ha alzato la mano e ha risposto di aver prestato servizio nella Marina Americana, i passeggeri, tra cui anche noi, si sono alzati in piedi, gli hanno battuto le mani e la guida lo ha ringraziato.
Laurie, la simpatica guida, ha una parlata molto chiara ma anche molto veloce, per cui, per quanto capissi l’inglese, dopo un po’ mi sono persa.
Ci ha portato in un parco di Fort Lauderdale, piastrellato con mattoncini con incisi sia i nomi sia delle vittime dell’uragano Katrina sia dell’attentato delle Torri Gemelle. Qualcuno l’ho fotografato, i nomi incisi su quei mattoncini non erano solo di civili morti, ma anche dei soccorritori e dei militari morti in guerra dal 2001 ad oggi. Il senso di appartenenza, di unità degli americani, riesce sempre a commuovermi, soprattutto a farmi capire come siamo noi italiani. Ringraziare un militare, noi non lo faremmo mai, almeno la maggior parte di noi, invece loro si.
Articolo e Foto di Daniela Grigetti